Nate in Scandinavia alla fine degli anni Sessanta, e oggi diffuse in Olanda, Inghilterra, Stati Uniti, Canada, Australia e Giappone, le comunità di vicinato, o come in modo più efficace si dice in inglese, di cohousing, stanno per diventare una realtà anche in Italia. Le comunità del nuovo millennio sono fatte su misura per individui che desiderano ricreare quell’atmosfera da quartiere di una volta dove i bambini giocavano nei cortili e gli anziani si ritrovavano nei bar o nei circoli: un luogo familiare e solidale dove era difficile sentirsi soli. Valori che nelle moderne metropoli si sono un po’ persi, lasciando spazio a relazioni che nel migliore dei casi sono educate e formali, ma più spesso inesistenti.
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Innosense è l’agenzia che ha importato il cohousing in Italia. Come funziona? E come è possibile partecipare o solo conoscere questi progetti? “Dapprima individuiamo un’area o un edificio da recuperare, in alcuni casi segnalati anche da persone interessate a realizzare questo modello, poi lanciamo il progetto sulla nostra vetrina on line, www.cohousing.it, per raccogliere le adesioni. I futuri cohouser, single, famiglie, anziani, si conoscono, e una volta formata la comunità, iniziamo una progettazione condivisa che avviene in riunioni periodiche alle quali partecipano i ‘facilitatori’: architetti, psicologi e progettisti immobiliari”, spiega Nadia Simionato. Alla base del cohousing c’è il mantenimento della privacy, con l’opportunità di avere spazi comuni (d’obbligo tra il 20 e il 25% della superficie totale): l iving, lavanderia, piscina, biblioteca, palestra, area giochi per bimbi, serra o giardino. Architetture e impianti di questi spazi sono sempre ad alto tasso di sostenibilità: il che, sommato all’elevato numero di persone che fruiscono di questi servizi, permette un forte abbattimento dei costi (vedere la tabella nella pagina accanto).
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L’approccio ecologico è molto evidente nel progetto milanese Urban Farm Est, per ora sulla carta: una serra verticale produrrà il 50 per cento del fabbisogno di verdura fresca delle 20 famiglie residenti (“un appartamento qui costerà in media 500 € in meno al mq rispetto alla media del mercato della zona”, sottolinea Nadia Simionato). Il primo esempio concreto di cohousing vedrà invece, sempre a Milano, nel 2009. L’Urban Village sta sorgendo alla Bovisa: sono 33 loft autonomi dai 40 ai 150 metri quadri. Spazi contemporanei che si possono arredare in modo creativo senza dover spendere una fortuna.
L’approccio ecologico è molto evidente nel progetto milanese Urban Farm Est, per ora sulla carta: una serra verticale produrrà il 50 per cento del fabbisogno di verdura fresca delle 20 famiglie residenti (“un appartamento qui costerà in media 500 € in meno al mq rispetto alla media del mercato della zona”, sottolinea Nadia Simionato). Il primo esempio concreto di cohousing vedrà invece, sempre a Milano, nel 2009. L’Urban Village sta sorgendo alla Bovisa: sono 33 loft autonomi dai 40 ai 150 metri quadri. Spazi contemporanei che si possono arredare in modo creativo senza dover spendere una fortuna.
Fonte: http://atcasa.corriere.it
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